Ma il metaverso esiste?

Mark Zuckerberg detta da oltre un decennio le regole del digitale e il fatto che pochi mesi fa si sia preso la briga di modificare il nome della sua holding di social in Meta, ci fa ben comprendere dove si stia orientando il mercato. Ma a ben vedere sulle piattaforme Facebook, Instagram e Whatsapp a parte il nome di Meta troviamo ben poco. Allora di cosa si tratta e- soprattutto – in che modo il Metaverso potrà incidere sul business del digitale? Microsoft ha annunciato che dal 2022 integrerà il Metaverso nella piattaforma Teams con una funzionalità chiamata Mash: gli utenti potranno creare un avatar con cui partecipare alle riunioni di lavoro. A questi annunci delle aziende big tech ne sono seguiti altri. Eppure il Metaverso, che promette dunque di diventare una sorta di universo parallelo pullulante di luoghi esclusivi visitabili attraverso i nostri avatar , non nasce ai tempi nostri. “Metaverse” è un termine coniato da Neal Stephenson nel libro appartenente alla cultura cyberpunk “Snow Crash” (1992), descritto dall’autore come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet. “Non c’è mai stato un momento migliore per costruire il futuro”, ha esordito Zuckerberg durante l’evento online Inside the lab, building for the metaverse with AI che si è tenuto il 24 febbraio scorso. Un futuro, che, ovviamente, prende la forma di quella che il fondatore di Meta ha definito “una versione immersiva di internet, in cui invece di guardare qualcosa attraverso lo schermo saremo lì dentro, come se lo stessimo vivendo di persona”. L’ambizioso progetto di Zuckerberg parla di un futuro completamente interconnesso, in cui trovarsi virtualmente in una stanza a chiacchierare con persone che si trovano magari a migliaia di chilometri di distanza sarà la normalità. Impossibile? Del resto fino a due anni fa lo smartworking da remoto, magari dalla casa al mare, era un privilegio di pochi, mentre oggi è una modalità di lavoro così socialmente accettata da essere chiamata agile. Ma quale sarà la lingua parlata nel metaverso? Durante l’evento Inside the lab, Mark Zuckerberg ha spiegato come “nel web siano diffusamente parlate solo una manciata di lingue, mentre alcuni linguaggi che magari sono parlati da milioni di persone sono pressoché inesistenti e nemmeno facilmente traducibili. L’intelligenza artificiale lavora infatti principalmente in inglese, usandolo spesso come ponte per tradurre da una lingua all’altra, generando così imprecisioni. Noi vogliamo superare tutto ciò e offrire sempre più lingue, estendendo questa possibilità anche al metaverso”. L’obiettivo di Meta sembra quindi quello di risolvere i problemi di difficoltà di linguaggio tra le diverse popolazioni della Terra: un traduttore universale, da utilizzare tramite smartphone, incorporato nei visori in realtà aumentata e ovviamente anche da impiegare nel metaverso per parlare a chiunque in modo corretto. Per quanto riguarda invece la possibilità di costruire i nostri personali ambienti virtuali nel metaverso, Zuckerberg ha mostrato in un video preregistrato il funzionamento di BuilderBot: un assistente che ascoltando le nostre istruzioni è in grado di creare dei semplici scenari digitali. Un futuro in cui la distanza fisica tra le persone sarà colmata dalla tecnologia in modo ancora più impattante di quello odierno e nel quale i brand avranno obbligo di trovare la propria dimensione – o forse sarebbe meglio chiamarla tridimensione – per posizionarsi nel mondo che sarà.